mercoledì 25 febbraio 2009

Angela Burlando sulla questione della moschea

Dal Secolo XIX
di Angela Francesca Burlando Vice Segretario del Partito Socialista

La costruzione della moschea costituisce ancora un problema forse perché l’ Amministrazione comunale l’ha proposta senza una aperta discussione e tale carenza continua ad offrire spazi a politici più protesi ad esasperare la paura del diverso che ad attenuarne le tendenze estreme.
Se fosse stata inserita in un progetto, anche culturale, discusso ed approvato, la moschea , avrebbe potuto entrare a far parte di un insieme di provvedimenti capaci di soddisfare richieste dei cittadini, da troppo tempo disattese.

Come proposto da Ali Reza Naser, professore di architettura bizantina ed islamica dell’ Università, una sala della moschea aperta a tutti avrebbe potuto anche contenere, in esposizione permanente,una serie di reperti di quella storia che ha visto la nostra città al centro della cultura mediterranea dal 1200 al 1600.

La manifestazione pro e contro- moschea , cui hanno aderito i cittadini, si é svolta su due fronti.
Quello favorevole, eterogeneo, variegato, convinto che tutte le religioni abbiano diritto al rispetto, si è unito ad un don Gallo scherzoso e consapevole del fatto che si può davvero essere “cittadini della città” secondo i criteri europei. In sottofondo la musica di De André.
Il secondo ha fatto capo a Rixi , giovane e scintillante segretario della Lega che in un recente scritto ha rifiutato l’ accusa di “ rozzezza culturale” attribuita al suo partito ed ha guidato la protesta con slogan che di culturale ben poco avevano.
Due considerazioni.

Non si può parlare di problema di sicurezza solo perché una moschea è anche luogo politico . Una eventuale pericolosità potrà dipendere da “ quali “ politiche vi si realizzeranno.
Credo comunque sia più facile il controllo di una unica struttura piuttosto che di tutti gli attuali improvvisati luoghi di preghiera .
In merito ai cosiddetti “ problemi di seconda e terza generazione” e cioè l’esplosione della rivolta dei giovani figli di immigrati, avvenuta nella “ banlieu” francese , se ne condivide talmente la preoccupazione da ritenere importante prevenirla.

L’esclusione crea ingiustizia e disagio; porta alla ribellione. L’ inclusione offre sollievo all’ inevitabile sofferenza di chi abbandona il suo paese nella speranza di una vita migliore.
I figli degli immigrati sono nostri figli, futuri cittadini di una città che ha sempre accolto il cosiddetto” foresto” tanto che nel 1500 vi si trovavano due moschee.
Il modo civile con cui gli interessati si propongono anche a chi non riconosce loro un diritto sancito dalla nostra Costituzione fa riflettere sull' essere diversi da chi non accetta la reciprocità.

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